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Scarpe dei miei stivali

Ho dovuto comprare una casa più grande, ma anche questa non basta per contenere la mia collezione di scarpe. Più che una collezione è una cosa che fa parte di me, come i miei piedi.

Non so come sia nata questa che, più che una passione, è ormai una mania; qualcuno, per essere sinceri, la chiama malattia.

 

Non è una questione di forme e colori, è questione che ogni vetrina mi attrae, come non vedo nemmeno quelle di altri oggetti. Si trova sempre una scusa per comprarle, anche se, lontano dalle tentazioni, mi riprometto di non cascarci più. Infatti la gioia di avere un paio di scarpe nuove scompare appena, aprendo un armadio, molte paia, ammassate, mi cadono addosso. Ormai le metto dappertutto: sopra i mobili, o sotto, nello spazio che viene coperto dalla fascia che nasconde i piedi dei mobili. Le metto anche in frigo, non in un frigo funzionante, ben si intende, ma un frigo senza motore che tengo in cantina. La sigillatura è l’unica che assicura protezione dall’umidità di una cantina, anche se ogni vota che le ripongo mi fa una certa impressione, non perché ci si dovrebbero riporre gli alimenti, ma perché i dottori dicono che si capisce quando si arriva ad una degenerazione irreversibile, allorché, un individuo mette le scarpe in frigo (fino a quel punto, non c’è da preoccuparsi per altre stranezze da Alzheimer). Io penso che abituandomi cosi, non mi accorgerò quando, per abitudine, le metterò in un frigo vero. Così mi sono riproposta di non comprarne più, sia perché non so più dove metterle, sia perché, con i soldi spesi lì, mi nego altre soddisfazioni.

È difficile resistere alle pulsioni istintive, per cui, mi sono convinta a prendere calzature cinesi da pochi soldi. Durano però ancor meno di quanto valgono, un paio di stivali non ha resistito nemmeno una mezz’ora, pur andando in bicicletta, quindi senza camminare; mi sono poi accorta che erano di carta; ne ho voluto poi staccare i tacchi, perché erano di metallo e molto belli, ma non c’è stato verso di staccarli, tanto erano fissati bene. Allora perché fare dei tacchi di metallo su scarpe di carta? La cosa tragica delle scarpe cinesi è che anche se sono senza tacchi, si stacca sempre la suola, perché risparmiano sulla colla.

Mi ero riproposta di comprarle usate, ma, a parte che si trovano solo schifezze, la soddisfazione sta nelle scarpe nuove.

A Napoli nei mercatini dell’usato, vengono anche vendute scarpe spaiate, tanto - dice la tradizione - quando comminiamo, portiamo avanti un piede alla volta, così nessuno si accorge delle differenze tra destra e sinistra. Bè, io ho provato e ad accorgersi della differenza sono stata proprio io, camminavo come un’oca su scarpe quasi simili, ma con tacchi diversi, come un grillo, su un tacco di 4 cm e un altro di otto. Poi perché comprare scarpe usate proprio a Napoli, dove ci sono le scarpe più belle del mondo. Non c’è stilista di fama mondiale che tenga il confronto!

Succeda quel che succeda - mi sono detta - le mie scarpe devono essere nuove. Ho anche trovato una soluzione per farle sembrare nuove: dipingo quelle vecchie. Così mi sono messa in linea con la salvaguardia ambientale e il riciclaggio delle materie prime. Consumando un po’ di pelle in meno salvo qualche animale, le scarpe di plastica non sono molto raccomandabili. Non è facile trovare piccole confezioni di colore per pelli, così, a forza di pensare, mi è venuta una bella idea, anzi brillante idea, perché le scarpe diventano davvero lucide: per colorarle uso lo smalto per unghie. Così non solo diventano come nuove, ma hanno colori brillantissimi e particolari, rosse, verdi, azzurre e varietà infinite, persino coi brillantini.

Una volta in aeroporto una hostess mi ha fatto i complimenti proprio per le mie scarpe: era la terza volta che le dipingevo, infatti avevano un colore indefinibile, ma lucidissime. Che mi avesse fatto i complimenti proprio una hostess è stato per me il massino, perché sono sempre elegantissime.

La mia passione, per quello che mi ha raccontato mia madre, nacque, allorché a tre anni, cominciai di nascosto a metter le scarpe coi tacchi di mia madre. Ho scoperto poi che lo fanno tutte le bambine, infatti è una passione particolarmente femminile. Mi sono ricordata poi che quando venivo scoperta da mia madre, questa, invece di sgridarmi, si metteva a ridere.

Quando studiavo, la mia famiglia non aveva molte possibilità economiche, almeno per mantenere figli all’università e con capricci per la moda. Così cominciai a fare combaciare moda e risparmio.

Mi ero comprata un paio di scarpe economiche, ma appariscenti, con i tacchi alti per andare ad un evento speciale, invitata da un’amica. La sua ditta doveva aprire una nuova sede in un’altra città e organizzava un pullman per gli invitati speciali. Quando arrivammo, io fui l’ultima a scendere, perché mi volevo fare bella con un ultimo ritocco al viso e ai capelli. Per fortuna rimasi l’ultima, così nessuno vide quello che accadde. Mentre stavo scendendo, successe l’imprevisto: tutti e due i tacchi si staccarono contemporaneamente e rimasero sul gradino più alto, mentre la punta dei piedi era arrivata ad un gradino più basso. Riuscii a rimanere in piedi perché avevo entrambe le mani aggrappate ai pioli delle portiere, ma con occhi e bocca spalancati. Dopo mezz’ora, non vedendomi scendere, la mia amica mi venne a cercare e, prendendo la cosa con più filosofia di me, mi consigliò di andare a comprarne un altro paio. Io non potevo dirle che era l’ultima cosa che potevo permettermi, le risposi quindi che non era un problema, avrei aspettato sul bus, leggendo le cose che mi ero portata. 

Per fortuna l’attesa non durò molto, ma l’indomani, invece di portare le scarpe ad aggiustare, le gettai il più lontano possibile, per non essere tentata di andarle a riprendere.

Adriana Galvani -Unipomediteranea-